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CITTIGLIO – Un interessante caso archeologico di morte violenta, riguardante un giovane individuo sepolto negli strati di epoca medievale nel cimitero di San Biagio in Cittiglio, è stato da poco pubblicato sull’importante rivista scientifica internazionale “Journal of Archaeological Science: Reports” dal team di antropologi dell’Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento di Biotecnologie e scienze della vita diretto da Luigi Valdatta.  

Primo autore dell’articolo e principale investigatore è Chiara Tesi, borsista di ricerca all’Università dell’Insubria. L’individuo oggetto dello studio, un giovane maschio adulto di circa 20 anni, era sepolto nella Tomba numero 13 nell’atrio funerario interno alla chiesa, in un’area sepolcrale un tempo localizzata di fronte all’antica facciata romanica dell’edificio e La sepoltura è stata datata tra l’XI e il XIV secolo.

Vale la pena ricordare che l’analisi complessiva del contesto di Cittiglio dal punto di vista archeologico e bioarcheologico, promossa dal e diretta scientificamente  dalla Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, per indagare le fasi di costruzione e utilizzo dell’edificio ecclesiastico e delle aree cimiteriali ad esso connesse, è ormai giunta al termine con la fine degli scavi nel novembre 2020 e le ultime analisi antropologiche del campione scheletrico.

Il sito nel 2020 ha ricevuto un importante finanziamento da parte di Fondazione Cariplo e Fondazione Comunitaria del Varesotto, all’interno del Bando emblematici provinciali 2019, per un progetto dal titolo «I paesaggi della Valcuvia. Riqualificazione ambientale attraverso un percorso archeologico: valorizzazione, tutela e fruizione», di cui responsabile scientifico è Marta Licata. Essenziale per le analisi e la valorizzazione di questo contesto la collaborazione con realtà del territorio, come la Parrocchia di San Giulio Prete, il Comune di Cittiglio e l’Associazione Amici di San Biagio. 

Entro giugno 2023 il sito sarà completo e valorizzato, pronto ad accogliere le visite della comunità e di tutte le persone interessate a conoscere la storia portata in luce da questi lunghi anni di indagini archeologiche e scientifiche.

All’interno di questo ampio progetto è stata portata a termine l’analisi antropologica degli inumati di Cittiglio e, tra questi, anche quella dell’individuo di T.13, che ha comportato una particolare attenzione e l’applicazione di metodologie scientifiche all’avanguardia.

Fin dai primi momenti del ritrovamento, infatti, lo scheletro del soggetto ha rivelato la presenza di quattro lesioni al cranio, compatibili con delle ferite inferte intenzionalmente e con particolare violenza. Il cranio del soggetto è stato quindi studiato con le più moderne tecnologie, in uso nelle indagini medico-legali, ma anche nelle analisi dei segni di macellazione sulle ossa di interesse archeozoologico provenienti da siti di epoca preistorica. In particolare, le lesioni sono state analizzate mediante l’uso di un microscopio digitale tridimensionale, grazie alla collaborazione con l’unità di ricerca Preistoria e Antropologia del Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena.

Le analisi svolte con questo strumento hanno permesso di indagare approfonditamente le lesioni scheletriche e, grazie a una serie di esami microscopici di tipo qualitativo e quantitativo, di ricostruire la loro natura, la loro origine e l’intera dinamica dell’evento violento. Dallo studio è emerso che il soggetto era stato ripetutamente colpito al cranio con un’affilata arma da taglio, compatibile nella forma con una spada lunga dell’epoca.

Chiara Tesi ricostruisce la dinamica del fatto: “Probabilmente colto di sorpresa e privo di una efficace protezione al cranio, il giovane era stato colpito una prima volta con un colpo andato “a vuoto” che gli ha lasciato una lieve ferita “di striscio” nella parte superiore del cranio; successivamente, forse tentando una fuga dal suo assalitore, la vittima aveva voltato le spalle venendo colpito in rapida successione con altri due colpi che hanno provocato l’asportazione di due “fette” di tavolato cranico dalla porzione temporale destra (causando anche l’asportazione del padiglione auricolare) e nucale inferiore. Infine, forse ridotto allo stremo e ormai a terra in posizione prona, il soggetto veniva terminato dall’assalitore con un colpo perpendicolare al cranio vibrato con violenza nella nuca che ha provocato la morte immediata”.

“Oggi, non possiamo essere sicuri sulle ragioni che hanno portato alla morte di questo giovane – aggiunge Chiara Tesi –; tuttavia, sepolto in una posizione privilegiata di fronte all’antico accesso alla chiesa, possiamo ipotizzare che l’uomo appartenesse a una famiglia di elevato stato sociale e, forse anche per questo motivo, a maggior rischio di essere assalito. Ad ogni modo questo tipo di aggressione mortale, caratterizzata da una forma di violenza finalizzata al rapido annientamento della vittima, ci lascia increduli e ci fa ipotizzare una premeditazione, non certamente il risultato di un semplice movente”.

Tra gli altri autori dell’articolo vi sono Roberta Fusco, Chiara Rossetti, Ilaria Gorini e Paola Badino dell’Università dell’Insubria; Jacopo Crezzini e Stefano Ricci dell’Università di Siena.

La ricostruzione fisiognomica del soggetto, realizzata da Stefano Ricci dell’Università di Siena, ci permette oggi di guardare direttamente negli occhi questo giovane, di riconoscerlo come un volto perfettamente attuale, e di stabilire con lui una relazione più profonda, al di là dell’episodio di violenza che ne ha provocato la morte e di cui oggi, grazie ai moderni approcci scientifici, siamo a conoscenza.

24112022

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