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UBOLDO – Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta scritta dall’insegnante Maria Misdea e rivolta al sindaco Luigi Clerici.

Gentilissimo Sindaco
Ho ascoltato con attenzione la sua intervista su ilSaronno, dove sono capitata per caso, anche se sempre più convinta che nella vita nulla succeda per caso.

Tra le varie cose dette, mi sono soffermata sull’argomento scuola, a me molto caro, e vorrei puntualizzare pochi, ma significativi, elementi.

Innanzitutto, una nota che riguarda chi si occupa o fa politica: per un cittadino sentir dire, a vari livelli, “non capita solo qui nel nostro territorio, ma è un problema diffuso”, di qualsiasi problema si parli, dà la sensazione di allontanamento ed estraneazione. Per risolvere i problemi non bisogna girarci intorno, è necessario prendere consapevolezza e capire come affrontarli. Ci vuole sempre qualcuno che faccia da apripista, altrimenti si continua ad accampare scuse e la società continua a sprofondare. Poi ci si lamenta che le persone si allontanano e non credono nella politica.

Argomento scuola. Da settembre non contiamo più le visite notturne al plesso Manzoni Secondaria I: prima le monetine del distributore, tanto che il gestore ha deciso, giustamente, di disattivarlo, lasciando i docenti senza bibite calde e acqua. Pazienza, ci si organizza con i thermos o le bottigliette da casa. Nell’ultima settimana abbiamo subito due visite consecutive: il lunedì mattina, abbiamo trovato tutte le finestre spalancate chiavi in giro uffici a soqquadro, mentre il martedì mattina di nuovo disordini vari con in più tutti i nostri cassetti della sala docenti aperti e svuotati. A me hanno rubato la bottiglietta dell’acqua, a proposito di quanto detto sopra.
Ognuno di noi si è pulito il proprio cassetto, pensando che chissà chi aveva toccato le nostre cose, in un momento storico così particolare. Confidiamo nella buona sanificazione.
Lei ha detto “poi non è più avvenuto nulla”, ringraziamo per questo le tanto sospirate vacanze natalizie.

A queste dimostrazioni d’affetto da parte di esterni, io aggiungerei una riflessione: se un rappresentante delle Istituzioni definisce tutto ciò “bravate”, mi viene da pensare che forse manca una riflessione a posteriori. La scuola è un luogo innanzitutto di educazione e formazione. Ma tutti ci dobbiamo credere. È il cuore pulsante della società, è uno dei pilastri del benessere della società. Oltraggiare la scuola significa colpire la società, il luogo educativo, il luogo cui è affidato il compito di formare cittadini nel rispetto della legalità. Dietro a queste bravate, ci sono messaggi ben precisi.

Dire “è successo anche a Origgio o a Saronno” non è una giustificazione. Bisogna fermarsi, riflettere, anche con gli altri rappresentanti del territorio e capire cosa sta succedendo alla nostra società. Se la facciamo passare come una “bravata” e risolviamo con “chiavistelli” è una toppa temporanea, che non andrà a cercare il problema che sta nel sociale, nel disagio dei ragazzi, nella istituzione famiglia che sta scemando, nelle altre istituzioni lontane, distratte, assenti.
Io, da docente, sono stanca di sentir dire da varie voci che la scuola deve fare: deve formare, deve educare, deve istruire, deve psicanalizzare, deve ascoltare, deve motivare, deve dare autostima, deve controllare, deve…deve…

Noi insegnanti lo facciamo tutti i giorni! Noi non deleghiamo, ci assumiamo la responsabilità di formare ed educare. Ci mettiamo in discussione ogni giorno. Dimentichiamo noi stessi, perché la prima attenzione va ai nostri ragazzi. Ma vorremmo la collaborazione concreta delle altre istituzioni. Per noi i nostri alunni sono come figli. E di anno in anno vediamo che sono sempre più disorientati. Certo non tutti: chi ha la fortuna di avere una condizione familiare nella norma, di non essere un emigrato, di non avere avuto problemi economici legati al lavoro, prosegue il suo cammino. Ma gli altri?

La nostra è una scuola che tiene in grande considerazione l’inclusione, e i nostri docenti di sostegno fanno il loro lavoro in modo egregio. Basta questo a creare una società equa?

Avrei potuto ascoltare l’intervista e andare oltre, invece mi sono fermata a pensare e a scrivere. Sa perché? Perché amo il mio lavoro, come la maggior parte di noi docenti, abbiamo cura e teniamo ai nostri ragazzi, convinti che attraverso loro si possa migliorare e costruire una società più giusta, più sana, più responsabile. Questa per me è educazione civica, al di là di quanto dettato dall’alto.

Spero di aver offerto spunti di riflessione e confido in una migliore collaborazione tra adulti che hanno il dovere di essere esempio per i piccoli.

Un cordiale saluto
Prof.ssa Maria Misdea

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