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VARESE / TRADATE – Microsfere radioattive per curare i tumori del fegato all’ospedale di Circolo di Varese: meno di venti centri in Italia ad offrire questo innovativo trattamento. Sono una ventina in Italia i centri che offrono il trattamento con microsfere radioattive contenenti ittrio 90 ai pazienti con tumore al fegato polifocale non operabile.


Non più di 5 in Lombardia. Tra questi, c’è l’Asst Sette Laghi (alla quale fa riferimento anche l’ospedale di Tradate) e, in particolare, il team multidisciplinare composto dagli specialisti della Medicina nucleare, della Radiologia interventistica, della Fisica sanitaria, oltre ovviamente a quelli dell’Oncologia medica e della Gastroenterologia.
Dallo scorso mese di gennaio, infatti, i pazienti con tumore epatico non resecabile, ovvero non operabile in quanto polifocale, cioè diffuso all’intero organo o comunque ad un intero lobo, possono essere sottoposti a questo trattamento che tecnicamente si chiama Sirt, Selective Intra-arterial Radiation therapy.


“Tecnicamente, – spiega Diego De Palma, direttore della Medicina nucleare – dapprima si procede con uno studio diagnostico mediante un radiofarmaco che, iniettato, permette di evidenziare la dislocazione e la diffusione delle lesioni epatiche, così da valutare la fattibilità del trattamento e stabilire, insieme all’esperto di Radioprotezione della fisica sanitaria, la corretta attività terapeutica. Successivamente, a distanza di 3-4 settimane, si procede con la somministrazione della terapia, cioè con l’iniezione delle microsfere radioattive”.
L’operazione è delicata e si svolge nelle sale di Radiologia interventistica: a seconda della collocazione delle lesioni, il radiologo raggiunge con un catetere l’arteria epatica nel punto più idoneo per colpire in modo mirato. Una volta aperta la strada, è il medico nucleare che somministra le microsfere che, a migliaia, si vanno a posizionare nei vasi capillari che irrorano le lesioni tumorali da distruggere con le radiazioni.


Le microsfere hanno infatti un diametro tale da permettere di raggiungere i vasi capillari, ma non di andare oltre: si evita così il rischio che ritornino nei grandi vasi venosi che le porterebbero nelle altre parti dell’organismo causando pericolose ulcere. “E’ proprio per questo motivo – aggiunge De Palma – che lo studio con il radiofarmaco che precede il trattamento richiede grande attenzione: alcuni tumori epatici, infatti, derivano da malattie cirrotiche che potrebbero aver alterato la circolazione intorno al fegato mettendo a rischio il paziente durante il trattamento vero e proprio”.


L’indicazione al trattamento è sempre condivisa all’interno del Team Multidisciplinare di Oncologia gastroenterologica aziendale ed è infatti un esempio di cooperazione per l’ottimale sfruttamento delle risorse mediche più moderne.
“Anche in un periodo complesso come quello l’attuale – tiene a sottolineare il direttore sanitario dell’Asst Sette Laghi, Lorenzo Maffioli – i nostri professionisti proseguono nel curare i pazienti oncologici, senza farsi ostacolare dalle difficoltà e anzi aprendosi alle più moderne soluzioni disponibili”.

12022022

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