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SARONNO – ROVELLO PORRO – Riceviamo e pubblichiamo la nota della saronnese Cinzia Maestrali che, presente all’investimento del cervo avvenuto sabato sera a Rovello Porro, chiede cosa è successo all’animali che pur ferito non era in gravi condizioni e di cui non si sa più nulla. Maestrali rilancia le domande, dei tanti automobilisti presenti e di chi ha seguito la vicenda, sulla sorte del cervo che al momento non é stata chiarita. Lo fa dando voce al cervo e raccontando quanto ha visto in prima persona.

Ciao, io non ho un vero nome, mi chiamano semplicemente Cervo.

Sabato sera 23 settembre stavo attraversando la strada, quella che da Saronno porta a Rovello Porro, purtroppo, la strada era buia, io ho visto delle luci che arrivavano verso di me, mi sono spaventato e ho fatto un salto, purtroppo, quelle luci erano di un auto, una golf, che non ha fatto in tempo a fermarsi.

L’urto è stato forte e sono finito a terra. Per fortuna il signore alla guida non si è fatto nulla, ma che spavento! Io però ero un po’ ammaccato ma vivo, il signore si è accorto che ero vivo e si è fermato. Si sono fermate altre auto, erano lì per me, per controllare se stessi bene e prestarmi soccorso. 

Correndo arriva anche una ragazza, chiede se i soccorsi sono stati avvisati, non ancora le rispondo, allora è lei a chiamare subito il 112. Intanto, tante auto passano, io ho preso una forte botta alla zampa ma riesco a rimettermi in piedi e mi vedono tutti. 

Lei, la ragazza è lì davanti a me, con altri signori che sembrano vogliano proteggermi, intanto parla al telefono, finalmente dice che stanno arrivando i vigili del fuoco e la polizia; capisco che ha chiesto di cercare anche un dottore che mi possa visitare. Uff un sospiro di sollievo, io ero tranquillo e in piedi, un po’ spavento ma stavo bene.

Pochi minuti e arriva un grande camion rosso da cui scendono diversi uomini, mi guardano tutti con occhi dolci e capisco che sono arrivati per proteggermi erano dei vigili del fuoco, si ferma anche un’auto nera da cui scendono dei signori in divisa, i carabinieri, chiedono come sto e la ragazza continua a dire che probabilmente ho la zampa ferita e ho preso una bella botta, ma sono in piedi mi vedono tutti, serve comunque un dottore, gli umani lo chiamano veterinario. Passano i minuti e io sono sempre lì in piedi, il veterinario non arriva.

Le auto di alcuni passanti se ne vanno, resta con me quella ragazza e il signore dell’incidente insieme ai vigili del fuoco e ai carabinieri, niente veterinario però. Arrivano una seconda e una terza auto, bianche, su una c’è scritto polizia provinciale di Monza, chiedono, si informano ma a me serviva solo un veterinario. 

La polizia di Monza non può agire non è territorio di loro competenza, aspettiamo la polizia di Como (di competenza territoriale), dicono, che in questi casi può intervenire, ma che però non arriva, e non arriverà mai, sembra non abbia la reperibilità notturna. 

Arriva un’ultima auto, bianca anche questa, che riporta la scritta Gev, speravo fosse il veterinario invece scendono due uomini con un fucile in mano, senza nemmeno chiedere come stessi si avvicinano. Sento che urlano tutti uno contro l’altro, si interrogano, perché un fucile? 

Io intanto sono riuscito a camminare e a spostarmi nel campo, non ero più in strada, stavo bene, volevo riposarmi dalla grande botta, mi sono anche accovacciato nell’erba. Vedo che i signori che erano lì dall’inizio mi si mettono davanti per proteggermi da quegli uomini con il fucile,  ormai erano passate più di 3 ore dall’incidente, ma il veterinario non arriva, e non arriverà mai, io ci spero ancora, vorrei vivere. 

I poliziotti di Monza vengono allontanati dal loro capitano perché tanto non possono fare nulla, non è il loro territorio. Tutti mi guardano con occhi dolci, il mio sguardo di aiuto si intreccia con quello degli umani. I signori con il fucile sono ancora lì e mandano via tutti, ci pensiamo noi dicono. Anche i carabinieri vanno via, tanto neanche loro possono fare niente erano li solo per l’incidente. Tutti vanno via cacciati anche in malo modo, io resto lì buono buono nell’erba non faccio male a nessuno, avevo bisogno solo di un veterinario. 

Con me restano i due uomini dell’auto bianca delle Gev e un fucile…. 

La ragazza che per prima ha chiamato i soccorsi la domenica mattina chiama subito l’oasi del Wwf convinta che mi avessero portato li, invece di me non sapevano nulla, io li non sono mai arrivato. La ragazza si interroga come mai? Dove sono finito? Sono un cervo e sono di proprietà dello Stato… Andavo curato, come mai non ero lì? Come mai un veterinario non è mai arrivato? 

Lettera scritta da Cinzia Maestrali la ragazza che ha chiamato il 112.


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